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LA MOTO 2
(da "Mondo Ducati - Gennaio 2011")
La prima se la sono portata via i “soliti ignoti”, ma Pietro Gianesin ne ha realizzata un’altra ancora più veloce: è la GPM con motore a due valvole.

Spesso le favole a lieto fine passano attraverso eventi drammatici. Anche nella vita di tutti i giorni può succedere che un evento positivo sia in un certo senso generato da uno negativo. In questo caso, infatti, il titolo del racconto potrebbe essere: “Scusate il ritardo, ma è colpa dei delinquenti”.

I protagonisti sono Pietro Gianesin, suo figlio Cristian e la loro moto da corsa, la GPM della quale proprio noi di Mondo Ducati avevamo anticipato la realizzazione in esclusiva quando altro non era che un progetto su un foglio di carta. Successivamente, come è nella concretezza del preparatore veneto, la moto è stata non solo realizzata, ma ha anche effettuato i primi test, dimostrandosi subito competitiva. La battuta d’arresto, tuttavia, è arrivata durante l’estate del 2009 e più precisamente a fine luglio. A fermare Gianesin non è stato un guasto tecnico o una rovinosa caduta del suo pilota, il peraltro velocissimo ed esperto Valter Bartolini, ma un fatto ben più odioso. Mentre Pietro e suo figlio si stavano dirigendo in Ungheria per partecipare alla Ducati Speed Week, durante una sosta presso un’area di servizio autostradale, gli è stato rubato il furgone all’interno del quale c’erano la moto, i ricambi e l’attrezzatura messa insieme in anni di lavoro. “La cosa che mi ha fatto più male, – spiega Gianesin – è pensare che oltre al danno economico, comunque rilevante, si sono presi una parte di me, visto che su quel furgone trasportavo tutte le cose utili che ho accumulato in trenta anni di vita al servizio delle corse. Inoltre, la moto era ancora allo stadio di prototipo e molte sue componenti erano state realizzate in esemplare unico, senza attrezzatura definitiva e, dunque, senza possibilità di replica.” Al dolore per il terribile fatto subìto, però, nel cuore di Pietro si è ben presto sostituita la voglia di rimettersi al lavoro, per dare vita a un’altra GPM, veloce come la precedente e, se possibile, anche di più! “Mi sono chiuso in officina e ho iniziato a lavorare a testa bassa.

Del resto, non potevo perdere altro tempo, dovevo andare avanti fin tanto che avevo un ricordo fresco di alcuni dettagli tecnici,altrimenti rischiavo di dimenticarmi tutto e a quel punto sarebbe stato impossibile ricominciare, visto che non avevamo i disegni dei vari pezzi. Si è trattato di un impegno importante, sia dal punto di vista personale che da quello economico, ma sentivo che lo dovevo fare per uscire dallo sconforto in cui ero piombato dopo quell’episodio.” Chi conosce bene Pietro Gianesin sa bene che non c’è retorica nelle sue parole e che, per colpa di quella brutta storia, sembrava essere improvvisamente invecchiato di dieci anni.

Tuttavia, per parlare del presente bisogna fare prima un passo indietro, raccontando com’è nata l’idea di dare vita a una vera GPM dopo i successi che Gianesin aveva raccolto negli anni Ottanta con alcune realizzazioni su base Pantah, guidate anche dell’ex Direttore Sportivo del Team Ducati in Superbike Davide Tardozzi. “Nel 2005, con Mauro Lucchiari, avevamo iniziato prendendo la ciclistica di una 999 RS con una particolare modifica alla sospensione posteriore (caratterizzata dall’ammortizzatore ancorato al forcellone nella parta alta, come su alcune MotoGP, frutto del progetto dell’Ingegner Francesco Medici, ndr) e inserendovi un motore a due valvole. La cosa ha funzionato subito, tant’è che ci è venuta voglia di allargare il discorso, costruendo in proprio anche il telaio, come facevamo una volta.” Per quanto riguarda quest’ultimo, la scelta di Gianesin è stata quella di rimanere ancorato alla tradizione, che prevede una struttura in traliccio di tubi ad abbracciare i bicilindrici Ducati, proponendo comunque una variazione sul tema, visto che il suo layout è inedito rispetto a qualsiasi altra unità di serie. A caratterizzarlo nella zona di attacco del forcellone è un unico tubo piegato di generosa sezione, anche se lo stesso Pietro ci rivela come questa soluzione sia stata in ballottaggio con un’altra sicuramente più moderna e accattivante dal punto di vista estetico: “Avevamo pensato anche a delle piastre in alluminio ricavate dal pieno per la parte posteriore e al traliccio di tubi per quella anteriore. Tuttavia, non ero convinto che questa soluzione facesse al caso nostro, così abbiamo optato per quella più semplice, leggera ed efficace.” Per la realizzazione materiale del telaio, Gianesin si è avvalso dell’aiuto di Adriano Zanoni della Taraky Racing di Chiuppano, in provincia di Vicenza, con il quale ha trascorso un’intera settimana a stretto contatto prima di arrivare al risultato finale. Le geometrie, in questo caso, sono simili a quelle della 999 in versione Superbike: “Da questo punto di vista, – afferma Gianesin – ormai è difficile inventarsi qualcosa.

Le Ducati che corrono hanno quasi tutti le stesse quote, perciò ci siamo mantenuti su valori tradizionali, senza avventurarci in strani esperimenti.” Perciò, il cannotto di sterzo, che tra l’altro è regolabile, viene utilizzato con un’inclinazione di poco inferiore ai 24°, mentre l’offset della forcella rispetto a questo è pari a 25 mm, con un interasse lungo 1440 mm. In termini numerici, il dato meno eclatante di questa moto è viceversa il peso, di 150 Kg nel caso dell’esemplare attuale, mentre il primo (equipaggiato con viteria speciale) scendeva di poco sotto questa soglia. Presso la Taraky Racing ha preso forma anche il forcellone, caratterizzato da una capriata inferiore e da dei rinforzi interni alla parte scatolata. Inoltre, i tendicatena sono in alluminio ricavato dal pieno saldati al resto della struttura. In soli otto mesi, dunque, si è passati dalla carta alla moto finita, pronta per effettuare un primo test sul circuito di Rijeka, in Croazia. “Il passo successivo sarebbe stato quello di debuttare in gara alla Speed Week. – prosegue Pietro – Ci mancava solo di verniciare la carenatura, che all’epoca era tutta nera, ma poi sappiamo com’è andata!” Dopo il furto della moto subìto nel 2009, è stata grande la solidarietà che i principali fornitori esterni hanno dimostrato verso Pietro e Cristian nell’ambito della ricostruzione della cosiddetta “moto 2”. “Per la carenatura ci ha dato una mano il titolare della RPS, – dice Gianesin – con il quale durante l’inverno abbiamo lavorato vari blocchi di polistirene per dare vita alle forme definitive. Lo stesso vale per il qserbatoio,che abbiamo realizzato cercando di coniugare quelle che erano le nostre esigenze con i limiti dettati dalle tecniche produttive.” Per il motore, grazie all’esperienza che Gianesin ha maturato sul bicilindrico Ducati a due valvole in tanti anni di competizioni, si è partiti montando dei corpi farfallati ricavati dal pieno da 60 mm, alloggiati in un inedito airbox per il quale non è stato necessario realizzare alcuno stampo, visto che Pietro lo ha modellato con le sue mani prima in rame e poi lo ha fatto replicare in fibra di carbonio.

Un’altra soluzione interessante riguarda l’ammortizzatore di sterzo, posizionato davanti alla piastra superiore, così come avviene sulla 1198 RS. Una scelta che è piaciuta così tanto a Cristian che l’ha voluta adottare subito. “L’ho trovata stupenda, – spiega il figlio di Pietro – dal momento che risulta pratica, semplice e vantaggiosa a livello di ingombri.” Per metterla in pratica, sono state realizzate apposite piastre di sterzo grazie alla collaborazione con RCM, cui i Gianesin sono particolarmente riconoscenti. Un altro personaggio che ha fornito un aiuto concreto nell’allestimento della seconda moto è Luca Franzoli, che a titolo gratuito si è occupato della forcella, caratterizzata da una pressurizzazione interna ad olio, anziché a gas, di suo brevetto. La frizione è stata messa a disposizione dalla STM: si tratta del modello Evoluzione con funzione antisaltellamento che, in quanto sviluppata anche grazie al contributo dello stesso Gianesin, non poteva mancare su una GPM. Della Get (marchio che fa parte del Gruppo Athena Evolution di Alonte, in provincia di Vicenza) è la strumentazione digitale, completa di acquisizione dati e predisposizione per il controllo della trazione (che verrà probabilmente adottato in futuro). Tornando al motore, il circuito di lubrificazione prevede dei condotti esterni, in quanto il basamento del Testastretta Evoluzione non contempla i passaggi dell’olio al suo interno, mentre un radiatore maggiorato si occupa della dissipazione del calore in eccesso, abbassando di circa 35 °C la temperatura del lubrificante (Gianesin ci ha raccontato che, al termine di un “long run” con un motore così spinto, perfino le piastre di sterzo diventano roventi!).
Inoltre, per avere un’idea di quanto debba essere stata “critica” la collocazione del radiatore in termini di ingombri, basta dare un’occhiata alle tracce che il pneumatico anteriore lascia sopra di esso nelle frenate al limite! Assolutamente atipico è anche l’impianto di scarico, realizzato grazie al supporto della Virex e caratterizzato da un layout di tipo due in due con compensatore e silenziatori disposti in modo asimmetrico (uno sul lato destro e uno sotto al codone), con il collettore del cilindro verticale dallo sviluppo particolarmente articolato (sulla falsa riga di quanto accade sulla Honda RC212V), in modo da ottenere la stessa lunghezza di quello del cilindro orizzontale, che tra l’altro non passa sotto il motore, come avviene di solito, ma al di sopra della frizione, come sul Monster 696 (rendendo addirittura necessaria la fresatura di alcune alette di raffreddamento del cilindro stesso). “Abbiamo fatto delle prove – spiega Gianesin – e questa è la configurazione che ci ha garantito i migliori risultati, sia come andamento della curva di coppia che come potenza massima.” In ogni caso, quando è arrivato il momento di allestire il motore, a Pietro sono iniziati a brillare gli occhi, perché sapeva benissimo ciò che voleva e, soprattutto, sapeva cosa fare per ottenerlo. In poche parole, l’obiettivo era quello di realizzare il bicilindrico Ducati a due valvole “aspirato” più potente del mondo.

Per riuscirci, Pietro ha lavorato tutti i giorni della settimana, Santo Stefano compreso, oltre a essersi avvalso del supporto di Gattuso per la realizzazione delle teste, che rappresentano il vero “pezzo forte” di questo motore. In merito alle sue prestazioni effettive, Gianesin ci ha chiesto di non divulgare i dati che abbiamo visto con i nostri occhi sul foglio della prova al banco. Ci è soltanto consentito dire che siamo oltre i 130 Cv e che lo stesso Pietro, quando ha visto i risultati del suo lavoro, ha inizialmente stentato a crederci, così come Bartolini quando lo ha provato in pista per la prima volta, a Misano.
Stiamo parlando di un motore con cilindrata superiore ai 1250 cc che, come “piattaforma”, sfrutta quella di un 1198 cui, naturalmente, vengono sostituiti i gruppi termici. Impiegando il basamento del motore a quattro valvole, infatti, si evita di dover barenare i carter, oltre a poter contare sui benefìci della cosiddetta coppa bassa. “Il propulsore, in un certo senso, era l’ultimo dei miei pensieri, dal momento che sapevo bene dove e come intervenire. – commenta Gianesin – Viceversa, per allestire la moto è stato necessario realizzare tanti piccoli pezzi, ognuno dei quali ha portato via tante ore di lavoro, come ad esempio i leveraggi della sospensione posteriore.”

Da molti punti di vista, la moto di Gianesin è talmente sofisticata che la scritta GPM sul serbatoio al posto di quella Ducati appare tutt’altro che fuori luogo e, anzi, sarebbe stato strano il contrario. Del resto, al di là del “guscio”, il motore ha davvero pochissimi pezzi in comune con l’unità di serie. Nuovi sono le bielle, i pistoni, le teste, i cilindri e le valvole, dove per “nuovi” si intende fatti su misura su specifiche della stessa GPM (basti dire, ad esempio, che i cilindri sono ricavati dal pieno, mentre le valvole sono disposte con una diversa inclinazione).

Una filosofia applicata anche al veicolo, laddove, al di là delle sospensioni Öhlins di ultima generazione (compreso l’ammortizzatore della serie TTX), dell’impianto frenante misto (con l’anteriore composto da dischi Alth e pinze Brembo monoblocco nichelate ad attacco radiale), e dei cerchi in magnesio da 3,50” davanti e in carbonio da 5,50” dietro (abbinati a pneumatici da 120/70-17” e 180/55-17”), tutto il resto è frutto della capacità e dell’esperienza dello specialista veneto.

Basta dare un’occhiata da vicino alla moto per apprezzare, al di là dell’hardware presente, il “tocco” di Gianesin, dalle pedane legate con il fil di ferro (affinché non si pieghino accidentalmente, ma solo in caso di caduta) all’accoppiamento tra alcune parti con l’interposizione di appositi inserti in gomma (in modo da scongiurare rotture indesiderate a causa delle vibrazioni), passando per il controllo remoto del regime di minimo. Tutta “roba” che chi frequenta il mondo delle corse da una vita, con un palmares più unico che raro, sa bene dove e quando possa fare la differenza. A proposito di risultati, nel 2010 Valter Bartolini si è classificato secondo assoluto (nonché primo della categoria Gentlemen) nel Ducati Desmo Challenge dopo un bellissimo testa a testa con l’ex campione italiano della Superstock 1000 Alex Valia, oltre ad aver vinto l’ultima gara della Coppa FMI a Misano, e aver siglato il nuovo primato della pista al Mugello, diventando il primo pilota a scendere sotto il muro dei 2 minuti (1’59”849) con un motore a due valvole per cilindro. Parlando del “suo” driver, infatti, Gianesin ha soltanto parole di elogio: “Oltre a essere un signor pilota e averci aiutato a sviluppare la moto, Valter è una persona squisita. Mi preme sottolineare questo aspetto perché con noi si è comportato benissimo. Inoltre, va detto che è stato più interessante arrivare secondi lottando fino all’ultimo nel Ducati Challenge che non vincere per distacco in un altro campionato, perché in questo modo abbiamo verificato l’efficacia della moto nell’utilizzo al limite.” A titolo di curiosità, Gianesin cita un aneddoto che ha visto Bartolini autore di uno strano “fenomeno”, grazie al quale è arrivato addirittura a toccare l’asfalto con i nottolini del cavalletto centrale: “Quando abbiamo visto i nottolini consumati per la prima volta, pensavamo si fosse trattato di un urto accidentale contro qualcosa, poi abbiamo visto alcune foto scattate lungo la pista e ci siamo resi conto che Valter piegava così tanto da limarli! Se avesse avuto degli adesivi sotto la carena si sarebbero visti benissimo! Nonostante ciò, comunque, in tutto l’anno non è mai caduto. Del resto, lui è molto sensibile nella messa a punto e la nostra moto sembra rispondere in modo altrettanto sincero alle regolazioni. Pertanto, una volta che Valter è a posto, riesce a esprimere un potenziale incredibile, come ha dimostrato più volte nel corso della scorsa stagione.
A questo punto, il nostro sogno sarebbe quello di correre a Daytona.” Un obiettivo ambizioso, ma anche realistico, visto che Bartolini ha già corso in America e che la moto ha messo in luce grandi prestazioni a fronte di un’affidabilità pressoché assoluta. Sia in prova che in gara non è mai emerso alcun problema tecnico, cosa che, viceversa, sarebbe stato lecito aspettarsi da un mezzo allestito in così poco tempo e ancora alle prime fasi del suo sviluppo.

“Preferisco due cavalli in meno con la certezza di finire una corsa piuttosto che il contrario. – dice Pietro a conclusione del nostro incontro – Pur avendo prestazioni elevate, il nostro motore ha un rapporto di compressione relativamente basso e gira anche piuttosto piano, superando di poco i 9000 giri, tanto non servirebbe a nulla andare oltre, se non a mettere in crisi gli organi della distribuzione. Il segreto di questo lavoro è di non dare mai per scontato che una cosa vada bene prima di averla provata. Quando credi di andare sul sicuro e di aver fatto tutto giusto, infatti, spesso è la volta buona che viene fuori un bel disastro! (ride)” Infine, Gianesin ci ha mostrato un progetto, già ben oltre la fase embrionale, del quale tuttavia non possiamo rivelare alcun dettaglio.

Diciamo solo che, una volta finito, con buona probabilitàrivoluzionerà il mondo dei bicilindrici Ducati, spostando ancora una volta l’asticella verso l’alto. Non ci resta che aspettare!
GPM. UN OMAGGIO MADE IN JAPAN.
(da "Mondo Ducati - Gennaio 2011")
GPM ha saputo conquistare anche i favori del Sol Levante, come dimostra questo articolo in lingua originale che narra l’eterna passione di Pietro Gianesin per i motori. Un importante attestato di stima nei confronti di chi, come il patron GPM, rappresenta con orgoglio il nostro paese in un Paese in cui spiccano per tradizione colossi delle due ruote come Honda, Yamaha e Kawasaky.
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